I Segreti di Wind River. Un thriller teso e violento tra le nevi e le riserve indiane del Wyoming.

Un cacciatore solitario devastato dal lutto. Una ragazza scomparsa da giorni. Le indagini ancora in corso affidate all’F.B.I. E, tutto attorno, le nevi silenziose del Wyoming rurale e boschivo a celare un gelido sentore di morte. Lontano da Fargo e Lilyhammer, la riserve indiana di Wind River ospita un nuovo thriller ad alta tensione che si prepara a lasciare il pubblico con il fiato sospeso. Un thriller teso e riuscito nelle sale dal 4 Aprile.

Alta tensione

Pregno di atmosfere ed ispirazioni derivate da un genere piuttosto florido spesso capace di sbancare al botteghino (il cui epigono italiano potrebbe tranquillamente essere il recente “La ragazza nella nebbia” del giallista Donato Carrisi), “I Segreti di Wind River” risulta essere un film avvolgente e costantemente abile nel creare una tensione forte e credibile, regalata al pubblico dalla sapiente messa in scena e dall’egregio lavoro degli attori coinvolti; su tutte spicca quella di Jeremy Renner, l’Occhio di Falco Marvel prestatosi ad un ruolo più triste e meno sopra le righe del solito pur conservando la sua anima di eroe action dal cuore d’oro.

Notevole anche il lavoro di Elizabeth Olsen, che interpreta l’agente federale Jane Benner, donna descritta una volta tanto come tutt’altro che invincibile e preparata alla situazione che si troverà davanti, ma moralmente salda e convinta del proprio ruolo nel mondo. Capace di un’innegabile alchimia costruita con il protagonista maschile della pellicola, la Olsen si fa carico di buona parte del film rubando di fatto la scena persino ai momenti più caldi ed emotivi del film, tutti scritti su misura per l’ottima interpretazione di Renner.

Un film riuscito. Eppure…

Il film parte quindi da premesse più che interessanti, e vanta una realizzazione tecnica solida, ragionata tanto quanto la bella e glaciale sceneggiatura del regista-autore stesso. Eppure… Eppure, paradossalmente, è forse il troppo calore umano, quella fastidiosa e fuori luogo aura di bontà umana e vibrazioni positive che si manifestano su un finale fin troppo classico nella sua risoluzione a rovinare l’opera. Un’opera che resta altrimenti brillante, fumosamente minacciosa ed inquietante; per una volta ben presentata da un titolo italiano (in originale il film si intitola più semplicisticamente “Wind River”) che forse non per solo caso riporta a “I Segreti di Twin Peaks”, la serie più importante della storia della televisione americana e che parte da simili mosse per diventare tutt’altro.

E tutt’altro diventa anche questo film, che parte come un film drammatico, procede come un thriller classico per poi portare alla luce una conclusione avente un fulcro fin troppo “alla Sundance”, visivamente solare ed acceso come in un modo paragonabile alla luce scaturita dentro i nostri personaggi, prima giustamente feriti da perdita e lutto, poi positivamente accesi dai fuochi accesi da una vendetta che per sua stessa natura non potrebbe accendere nulla.

Il thriller secondo Taylor Sheridan

Quando si affronta il Cinema dal punto di vista della critica, i nomi diventano improvvisamente importanti ben oltre quello del solo cast principale e del regista. Ma chi è Taylor Sheridan?

Un giovane regista giunto al suo secondo film? O uno sceneggiatore di talento innato capace di esordire firmando “Sicario” per Denis Villeneuve e l’anno seguente “Hell or High Water”, forse il miglior film originale Netflix di sempre (e uno dei pochi degni di nota)? Sì, Taylor Sheridan è entrambe le cose. Ed è per entrambe queste ragioni che negli anni a venire potrebbe tranquillamente diventare uno dei nomi più importanti di Hollywood. Tenetelo a mente. Intanto, dopo un secondo film migliore del primo che ne promette un terzo ancora migliore, la penna di Sheridan ha firmato la sceneggiatura del prossimo “Sicario: Day of the Soldado”, per la regia dell’italiano Stefano Sollima. Bene così.

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